Il Monastero di San Nicolò l'Arena o Abbazia cassinese di San Niccolò l'Arena è un complesso ecclesiastico situato nel centro storico di Catania e costituito da un importante edificio conventuale benedettino e da una monumentale chiesa settecentesca. Fu fondato da monaci provenienti dall'omonimo monastero situato nei pressi di Nicolosi a metà del XVI secolo.
Per la sua collocazione prettamente urbana può essere considerato un convento, ma popolarmente viene chiamato Monastero dei Benedettini. Intorno alla seconda metà del XII secolo, sulle pendici dell'Etna, venne eretta una cappella e un ricovero per i monaci infermi, e in seguito per volere di Federico III di Sicilia, vi si costruì il monastero. L'eruzione del 1536-1537, accelerò i tempi, ottenendo il permesso di trasferirsi dentro le mura della vicina città di Catania, nei luoghi de "La Cipriana" e "del Parco". Iniziata la costruzione nel 1558 alla presenza del viceré di Sicilia Juan de la Cerda, duca di Medinaceli, nel 1578 ancora incompleto fu occupato dai monaci, e, poco dopo, venne iniziata anche la costruzione della chiesa.
Nel 1669, a seguito della devastante eruzione dell'Etna, la colata raggiunse ed accerchiò Catania , distruggendo la chiesa di San Nicolò. In questo periodo i benedettini diedero vita ad un'imponente opera di ristrutturazione e completamento (con l'aggiunta fra l'altro della monumentale fontana marmorea nel chiostro) e contemporaneamente avviata la costruzione della chiesa di San Nicolò, iniziata nel 1687 su progetto dell'architetto romano Giovan Battista Contini.
L'11 gennaio 1693, il terremoto che colpì la città provocò il crollo del monastero benedettino e la morte della maggior parte dei monaci lasciandone appena tre in vita. Le strutture della chiesa, ancora in corso di costruzione, furono risparmiate, ma i lavori furono interrotti per circa vent'anni, riprendendo con l'ampliamento a nord ad opera degli architetti Francesco Battaglia e Giovanni Battista Vaccarini. Se al primo si deve l'avvio del prolungamento settentrionale verso l'alto banco lavico dell'eruzione del 1669, al secondo spetta la rottura della originaria simmetria progettuale: L'opera del Vaccarini fu completata dopo il 1747 dal Battaglia, che si occupò anche di altre opere all'interno del complesso: quali il ponte verso la flora benedettina (ossia il giardino dei monaci ricavato sul banco lavico ad est del complesso e oggi occupato dall'ospedale Vittorio Emanuele), e il coro di notte. Nei decenni successivi i monaci si dedicarono alla decorazione interna degli ambienti che lo resero famoso in tutta Europa.
Danneggiato dai bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale, esclusa la chiesa di San Nicolò che fu restituita ai Benedettini, e infine ceduto all'Università degli Studi di Catania divenendo sede delle Facoltà di Lettere e Filosofia e Lingue e Letterature Straniere.
Per la sua collocazione prettamente urbana può essere considerato un convento, ma popolarmente viene chiamato Monastero dei Benedettini. Intorno alla seconda metà del XII secolo, sulle pendici dell'Etna, venne eretta una cappella e un ricovero per i monaci infermi, e in seguito per volere di Federico III di Sicilia, vi si costruì il monastero. L'eruzione del 1536-1537, accelerò i tempi, ottenendo il permesso di trasferirsi dentro le mura della vicina città di Catania, nei luoghi de "La Cipriana" e "del Parco". Iniziata la costruzione nel 1558 alla presenza del viceré di Sicilia Juan de la Cerda, duca di Medinaceli, nel 1578 ancora incompleto fu occupato dai monaci, e, poco dopo, venne iniziata anche la costruzione della chiesa.
Nel 1669, a seguito della devastante eruzione dell'Etna, la colata raggiunse ed accerchiò Catania , distruggendo la chiesa di San Nicolò. In questo periodo i benedettini diedero vita ad un'imponente opera di ristrutturazione e completamento (con l'aggiunta fra l'altro della monumentale fontana marmorea nel chiostro) e contemporaneamente avviata la costruzione della chiesa di San Nicolò, iniziata nel 1687 su progetto dell'architetto romano Giovan Battista Contini.
L'11 gennaio 1693, il terremoto che colpì la città provocò il crollo del monastero benedettino e la morte della maggior parte dei monaci lasciandone appena tre in vita. Le strutture della chiesa, ancora in corso di costruzione, furono risparmiate, ma i lavori furono interrotti per circa vent'anni, riprendendo con l'ampliamento a nord ad opera degli architetti Francesco Battaglia e Giovanni Battista Vaccarini. Se al primo si deve l'avvio del prolungamento settentrionale verso l'alto banco lavico dell'eruzione del 1669, al secondo spetta la rottura della originaria simmetria progettuale: L'opera del Vaccarini fu completata dopo il 1747 dal Battaglia, che si occupò anche di altre opere all'interno del complesso: quali il ponte verso la flora benedettina (ossia il giardino dei monaci ricavato sul banco lavico ad est del complesso e oggi occupato dall'ospedale Vittorio Emanuele), e il coro di notte. Nei decenni successivi i monaci si dedicarono alla decorazione interna degli ambienti che lo resero famoso in tutta Europa.
Danneggiato dai bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale, esclusa la chiesa di San Nicolò che fu restituita ai Benedettini, e infine ceduto all'Università degli Studi di Catania divenendo sede delle Facoltà di Lettere e Filosofia e Lingue e Letterature Straniere.
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